Come leggere un’etichetta alimentare

I prodotti preconfezionati sono alimenti che risultano avvolti in un imballaggio e il loro contenuto non può essere modificato finché non avviene l’apertura della confezione. Esempi sono le paste in busta, le conserve, le merendine, i panettoni, gli oli, i succhi di frutta… Esiste una precisa normativa (in costante evoluzione) che impone quali informazioni debbano essere indicate al consumatore.
Esse sono riportate su un’area apposita detta etichetta alimentare.
Anche le informazioni illustrate sui prodotti venduti sfusi (frutta, verdura, pesce fresco, paste fresche, gelati venduti al banco…) e preincartati sono soggette a regolamentazione, tuttavia, nel presente articolo focalizzeremo la nostra attenzione sui prodotti preconfezionati.

Quali sono le informazioni obbligatorie riportate in un’etichetta alimentare?

Denominazione di vendita: Indica il nome con cui convenzionalmente viene denominato il tipo di prodotto in commercio (pandoro, peperoni arrostiti, pasta alimentare, wafer, latte fresco pastorizzato, olio extravergine di oliva…);
Elenco degli ingredienti: sono elencati in ordine decrescente per quantità, cioè, il più abbondante è presente per primo nella lista e i successivi in quantità progressivamente minore; tra gli ingredienti appaiono anche gli additivi alimentari, ovvero, sostanze intenzionalmente aggiunte dal produttore al fine di impedire il loro deperimento o migliorarne sapore, odore, aspetto o consistenza. Alcune sostanze (sia alimenti naturali che additivi) possono scatenare allergie in soggetti predisposti mentre, sono totalmente innocui per la maggioranza delle persone. Ne sono esempio le arachidi, le nocciole, soia, alcuni additivi… Essi devono essere specificati in etichetta per evitare che, un soggetto allergico a quella specifica sostanza, possa involontariamente consumarla;
Termine minimo di conservazione e data di scadenza: questi due termini sono frequentemente confusi tra di loro.
Con “termine minimo di conservazione” indichiamo la data entro la quale il produttore garantisce che l’alimento conservi le sue caratteristiche organolettiche (odore, sapore, colore, consistenza) ottimali; è ancora sicuro, dal punto di vista igienico, se consumato oltre tale data. La data di scadenza è la data ultima oltre la quale il prodotto non può essere commercializzato e non può più considerarsi sicuro;
Peso o volume netto: indica il peso (in caso di alimenti solidi, ad esempio, peperoni) o il volume (in caso di alimenti liquidi, ad esempio, succo di frutta) del prodotto senza la confezione; nel caso l’alimento solido sia immerso in un liquido, si indica il peso netto sgocciolato, cioè il peso che consumeremo effettivamente dopo aver rimosso il liquido di governo; un esempio tipico è il tonno sott’olio, dove in etichetta possiamo leggere anche il peso sgocciolato;
Lotto di produzione;
Informazioni inerenti il produttore come ragione sociale, marchio, sede legale e dello stabilimento…
Modalità di conservazione e utilizzazione: obbligatorie se fondamentali per una corretta conservazione (ad esempio da riporre in frigorifero o in freezer) o preparazione (ad esempio da friggere, cuocere in forno, in padella…
Oltre le indicazioni obbligatorie, è possibile fornire altre informazioni aggiuntive circa alcune particolari caratteristiche importanti, ad esempio, ai fini salutistici. Tuttavia, nel fare ciò, l’etichetta non deve in nessun modo trarre in inganno il consumatore, ad esempio, acclamando proprietà salutistiche di alcuni suoi ingredienti non scientificamente validate.

Informazioni nutrizionali riportate in etichetta

Tutti i prodotti preconfezionati sono soggetti all’obbligo di dichiarazione nutrizionale. Fanno eccezione solo i prodotti non trasformati (acqua, caffè, aromi, aceti,…), gli alcolici e i prodotti contenuti in confezioni il cui lato di misura maggiore è inferiore a 25 cm2.
Al di là dei requisiti tecnici che deve rispettare, l’indicazione nutrizionale è una preziosa fonte di informazione per il consumatore.
I dati sono presentati sotto forma di tabella. In primo valore riportato è il contenuto energetico. Questo è espresso in due diverse unità di misura: kcal (ovvero “kilocalorie”chiamate, erroneamente, nel gergo comune “calorie”) più utilizzata nel linguaggio colloquiale e kJ (ovvero “kilojoule”), utilizzata in ambito scientifico. Le kcal contenute nell’alimento sono sempre espresse per 100 g di alimento solido (biscotti, confettura, grissini, carne in scatola…) o 100 mL di alimento liquido (succo di frutta, latte, bevande zuccherate…).
Un’indicazione facoltativa molto utile è il contenuto calorico espresso per porzione; già quest’ultima ci dà un’idea della dose di alimento da consumare in uno stile alimentare quantitativamente corretto. Naturalmente, il tutto riferito ad una popolazione standard (che segue una dieta giornaliera di 2000kcal).
Dopo il contenuto energetico dell’alimento, segue la quantità di proteine, carboidrati e grassi contenuti in esso. Se ci soffermiamo sui lipidi (o grassi), ci accorgeremo come venga oltremodo specificata la quantità di tipo saturo. Questo dato è evidenziato in risposta ai dati emersi da studi di popolazione circa il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari a seguito di eccessive assunzioni di grassi di tipo saturo nell’alimentazione.
Da qui nasce anche la questione dell’olio di palma, usato come ingrediente nella preparazione di numerosi prodotti preconfezionati (in particolare merendine, fette biscottate, biscotti e prodotti da forno o dolci in genere) e contenente grosse quantità percentuali di lipidi di tipo saturo. L’olio di palma è anche additato in ragione della sua scarsa sostenibilità ambientale.
Oggi esistono alcune aziende che hanno detto definitivamente no all’olio di palma nelle loro preparazioni, a garanzia della salute del consumatore.

La questione degli additivi alimentari

Esiste un gigantesco dibattito circa la pericolosità degli additivi alimentari. C’è una crescente attenzione da parte del consumatore nei confronti di cosa potrebbe involontariamente assumere nella sua alimentazione. Ciò è, in fondo, un dato positivo perché rappresenta una presa di consapevolezza.
La nomenclatura internazionale degli additivi consiste in una “E” maiuscola seguita da un numero, ad esempio, E260, che corrisponde all’acido acetico, usato come conservante e correttore di acidità.
Circa il rischio connesso all’eccesso di additivi nella nostra alimentazione, per esplicare totalmente l’argomento sarebbe necessario non un libro ma, addirittura, un’enciclopedia, data la varietà di composti chimici e le modalità di interazione con i sistemi biologici. In alcuni casi questi sono sostanzialmente innocui (come il caso del succitato acido acetico), in altri esistono delle evidenze che suggeriscono una loro pericolosità, soprattutto in caso di sovraddosaggio.
Interessante è il lavoro di “Altroconsumo” che ha predisposto sul suo sito un interessante database di tutti gli additivi esprimendo un giudizio circa la loro sicurezza.  Detto questo vige il consiglio di indirizzarsi verso cibi preferibilmente naturali.
Non tutti i prodotti preconfezionati sono da bandire in quanto in alcuni casi si tratta di preparazioni molto semplici (ad esempio bollitura) o con l’uso di ingredienti privi di effetti avversi.
L’informazione corretta oggi è l’unica vera arma di difesa del consumatore, ancor meglio, se unita ad una vera e propria “cultura alimentare”.

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