Obesità infantile: come intervenire

L’obesità infantile è uno dei problemi dilaganti del nostro secolo. Le perplessità che più comunemente si riscontrano nelle madri sono: “Quando devo iniziare a preoccuparmi?”, “Un bambino così piccolo può già affrontare una dieta”, “Che probabilità ha mio figlio di ritrovarsi il problema dell’obesità in età adulta?”.
Ecco un articolo che ha lo scopo di essere una guida generale per i genitori che stanno iniziando ad interfacciarci con un figlio con eccesso di peso, con l’obiettivo di non trascurare o affrontare troppo tardi il problema.

Un bambino obeso diverrà un adulto obeso?

L’infanzia tende a essere considerata un momento della vita immune da eventuali conseguenze che un eccesso di massa grassa può arrecare. Soprattutto in passato, l’idea comune era che un bambino avrebbe automaticamente smaltito negli anni l’eccesso di peso. Le vecchie generazioni, in particolare, ritenevano che mangiare in modo eccezionalmente sostanzioso avrebbe garantito al bimbo uno spedito accrescimento, un fisico più robusto e protetto dalle malattie, una forza muscolare maggiore.
Tuttavia, per coloro che durante l’infanzia erano stati in sovrappeso o obesi (a parte una piccola percentuale di casi), con l’arrivo della maturità sessuale, non solo non si materializzava spontaneamente la “fisiologica magrezza” ma, si assisteva ad un peggioramento della situazione.
Detto questo, per rispondere alla domanda proposta nel titolo dell’articolo, vi illustro alcuni dati statistici raccolti negli anni su grandi gruppi di soggetti. Quanti bambini obesi restano tali anche nell’età adulta?
Secondo i dati riportati nelle linee guida per il trattamento dell’obesità infantile pubblicate dal Ministero della Salute, tra i bambini obesi in età prescolare, dal 26% al 41% rimane tale da adulto mentre, tra i bambini in età scolare tale percentuale arriva addirittura al 69%. Se ci spostiamo più avanti con l’età, nel caso degli adolescenti obesi, ben l’83% rimane tale in età adulta!

Le cause dell’obesità infantile

La genesi del problema è, come molti sanno, connessa ad un eccesso calorico alimentare congiuntamente ad una scarsa attività fisica. Tale risposta è corretta, però, non descrive nel dettaglio la situazione. Perché si tende a sovralimentare i bambini?
I risultati di un’indagine condotta dalla ASL di Caserta nel 2008 nell’ambito del progetto “Okkio alla salute” hanno messo alla luce una situazione realmente preoccupante: la maggioranza delle donne che ha un figlio sovrappeso o obeso non ha una reale percezione del problema; ritiene, addirittura, che il figlio si normopeso! I pediatri sono generalmente molto attenti e pronti a segnalare un eccesso di peso in un bambino. Questo messaggio, tuttavia, frequentemente, rimane tale e non diventa un’azione correttiva da parte dei genitori.
In realtà, il problema andrebbe affrontato sul nascere, con misure preventive che partano, addirittura, prima dello svezzamento.

Come capire se nostro figlio ha un eccesso di peso

Da quanto detto, si evince come le madri abbiano spesso una percezione alterata della forma fisica dei propri figli. Ciò ha come conseguenza, l’incorrere ai ripari in ritardo. Non è raro, infatti, riscontrare in bambini valori ematochimici alterati come colesterolo, trigliceridi o transaminasi, che in genere affliggono soggetti di 50 anni o più. Ecco perché la precocità dell’intervento è la chiave di tutto.
Innanzitutto, quando preoccuparsi? Generalmente è il pediatra la prima figura che segnala un eccesso di peso del piccolo. Quando l’incremento ponderale è molto repentino rispetto alla media, già si ci può ritenere in allarme. Quando si osservano, addirittura, alterazioni dei valori ematochimici, l’intervento (che comunque doveva avvenire  prima) deve essere tempestivo.

Come intervenire?

Quando si tratta di bambini amo essere molto diretta. Se pensate di risolvere il problema di obesità di vostro figlio senza un cambiamento radicale e permanente dello stile di vita dell’intero nucleo familiare (scelte alimentari, attività fisica, abitudini quotidiane, attività sociali) una cosa è certa: non funzionerà!
È essenziale agire su più fronti:

  • Alimentazione: Nei bambini, soprattutto se di età inferiore agli 8 anni, la dieta grammata dovrebbe essere l’ultima arma a cui ricorrere. Questo perché il concetto di dieta in un’età così delicata va proposto in maniera adeguata, per non incorrere nel rischio di favorire lo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare in età adolescenziale. L’ideale è un approccio basato sull’educazione alimentare. In questo può affiancarvi un professionista, per indicare quali alimenti preferire e fornirvi un’indicazione di quanto dovrebbe realmente mangiare un bambino in una data fascia di età. L’elemento chiave (su cui si basa gran parte della riuscita dell’intervento) è proporre il cambiamento non come un’imposizione ma, come un nuovo e gustoso modo di mangiare. Per fare ciò è d’obbligo un investimento in termini di tempo dedicato all’acquisto degli alimenti salutari e alla loro preparazione, al fine di renderli appaganti sia sotto il profilo del gusto che dell’estetica. È scontato che tutto il nucleo familiare dovrà seguire lo stesso stile alimentare;
  • Attività fisica: questo è un altro punto molto complesso. Spesso il bambino odia muoversi ed è attratto da hobby sedentari (videogiochi, lettura, televisione). Sovente, alla richiesta dei genitori di iscriversi ad una palestra, si rifiuta in modo aggressivo. I cambiamenti nei bambini vanno proposti con gradualità e mai come imposizioni; anche in questo caso l’azione va attuata sull’intero nucleo familiare sostituendo agli svaghi sedentari alternative divertenti che includano movimento fisico, qualunque esso sia(una gita in montagna, attività ludiche in spiaggia, un pomeriggio al parco giochi); quando il bambino avrà percepito il piacere del movimento, potrà essere pronto per un’ attività strutturata ma, dovrà sempre e comunque rappresentare per lui un divertimento;
  • Occasioni sociali: anche i parenti dovranno collaborare in questo difficile programma di ristrutturazione delle abitudini sbagliate; la cosiddetta “bella cosa” donata a un bambino che viene a far visita ad uno zio o ad un nonno, non deve necessariamente essere rappresentata da cibo, ma anche da piccoli giochi che stimolino ulteriormente il bambino ad intraprendere nuove attività salutari.

L’obiettivo di questo programma dovrebbe essere finalizzato ad un rallentamento dell’incremento di peso corporeo in modo da attendere che, con il contemporaneo aumento di statura, la situazione si normalizzi negli anni. Quando l’obesità è veramente consistente e sono presenti anche alterazioni dei valori ematochimici, è necessaria una perdita di perso corporeo (più graduale rispetto ad un adulto) onde evitare precoci complicanze cardiovascolari.

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