Colite: esiste una dieta specifica?

A woman sitting in bed with abdominal pain and pressing her hand on her stomach.

La Sindrome dell’Intestino Irritabile, spesso chiamata colite, è una patologia molto diffusa. Le sue manifestazioni sono molteplici: dolore all’intestino, gonfiore addominale, stitichezza, diarrea, alterazione della consistenza delle feci, …
Una persona che ne soffre è spesso disorientata. Non riesce a capire quali cibi mangiare e quali evitare. Spesso non sa a chi rivolgersi. Avverte un peggioramento dei sintomi in condizioni di stress.
Lo scopo di quest’articolo è fornire una chiara guida per chi si trova in questa situazione.

Lista degli argomenti dell’articolo

Definizione e sintomi della Sindrome dell’Intestino Irritabile

La Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS) compare spesso in età giovanile, anche già in adolescenza. Chi ne soffre presenta dolori e fastidi non precisamente localizzati all’addome, principalmente nella parte inferiore. Difficilmente l’intensità del dolore è elevata.
I sintomi della IBS sono definiti dai Criteri di Roma. Secondo questi, per avere una diagnosi di Sindrome dell’Intestino Irritabile è necessaria, innanzitutto, la presenza di dolore addominale, almeno una volta a settimana, negli ultimi tre mesi. Inoltre, devono essere associate ad almeno due di queste caratteristiche:

  • Presenza o aumento del dolore addominale quando si va in bagno;
  • Variazioni dell’alvo (frequenza ad andare in bagno);
  • Alterazioni nella forma delle feci (che si possono presentare più dure o più liquide).

A quali figure professionali rivolgersi

Se un soggetto non ha ricevuto precedenti diagnosi e nota una persistenza e/o aumento di dolore addominale, il primo passo da compiere è rivolgersi a un Gastroenterologo. In genere è già il Medico Curante a esortare il paziente in questa direzione.
L’IBS presenta alcuni sintomi comuni ad altre patologie ed è compito del Gastroenterologo escluderle. Ciò permette al paziente di tranquillizzarsi. È piuttosto comune, infatti, per chi ne soffre, pensare subito al peggio.
Sarà anche compito di questo Specialista valutare se prescrivere una terapia farmacologica o, semplicemente, esortare il paziente a un cambio delle abitudini alimentari e di vita.
Una volta ricevuta una diagnosi di Sindrome dell’Intestino Irritabile, è possibile rivolgersi a un professionista della nutrizione, come un Biologo Nutrizionista, che saprà guidarvi nella miglior strategia dietetica da attuare.

La dieta LOW FODMAP per la Sindrome dell’Intestino Irritabile

La dieta LOW FODMAP, elaborata dalla Monash University, rappresenta l’approccio più efficace alla gestione dei sintomi della Sindrome dell’Intestino Irritabile (1).
I FODMAP rappresentano un insieme di sostanze, presenti negli alimenti, che sono difficili da gestire in un paziente con Sindrome dell’Intestino Irritabile. Esse sono:

  • Fruttani: presenti in vari cereali (ad esempio grano, farro, orzo, …), alcuni ortaggi e varietà di frutta secca;
  • FOS: presenti in alcuni preparati alimentari e in alcuni vegetali come i carciofi;
  • Galattani: presenti soprattutto nei legumi, si ritrovano anche in alcuni ortaggi e frutta secca;
  • Lattosio: presente in latte e derivati freschi;
  • Fruttosio: il principale zucchero contenuto nella frutta;
  • Polioli: presenti in diverse varietà di frutta.

È importante chiarire che il paziente con IBS non seguirà, per tutta la vita, una dieta che prede l’esclusione delle sostanze sopra elencate. Ciò sarebbe insostenibile e dannoso.
La dieta LOW FODMAP, infatti, è divisa in tre fasi:

  1. Fase di eliminazione: si escludono o si limitano gli alimenti ricchi in FODMAP, per un periodo che varia da due a sei settimane. Generalmente si assiste a un netto miglioramento dei sintomi;
  2. Fase di reintroduzione: i cibi in precedenza esclusi sono reintrodotti uno per volta, secondo una regola ben precisa. Lo scopo è sia identificare a quali FODMAP il paziente era più sensibile, sia ampliare la gamma di alimenti consumabili abitualmente;
  3. Fase di personalizzazione: definizione di una dieta “ad hoc”, specifica per la tolleranza della persona. Essa dovrà essere equilibrata, varia e piacevole.

Il consiglio è non affidarsi al “fai da te”. L’errore classico di molte persone è procurarsi la lista degli alimenti contenenti FODMAP ed escluderli per sempre dalla propria dieta. Ciò ha conseguenze negative. Il rischio è di impoverire eccessivamente il microbiota intestinale, riducendo drasticamente le nostre capacità digestive. Non a caso, nel protocollo originale, la fase di eliminazione dura poche settimane.
Nella fase di reintroduzione, inoltre, esiste uno specifico percorso da seguire per reinserire i vari alimenti. Sarà compito del professionista della nutrizione “cucire addosso” al paziente una dieta personalizzata, che sia estremamente varia, ma, nel frattempo, permetta di gestire i sintomi dell’IBS.


Perfezionare l’intervento con indicazioni specifiche per la persona


Applicare alla lettera la dieta LOW FODMAP è importantissimo ma, non completa l’intervento sulla persona. È importante considerare anche altri fattori:

  • Presenza di stitichezza o diarrea o di alternanza delle due fasi: in tal caso si forniranno indicazioni specifiche per l’una o l’altra circostanza;
  • Concomitanza di altre patologie;
  • Influenza dei fattori psicologici sulla sintomatologia della Sindrome dell’Intestino Irritabile.

Il “peso” dello stress sui disturbi gastrointestinali

Spesso le persone affermano di soffrire di “colite nervosa”. In quest’affermazione, in effetti, esiste un fondo di verità.
Il Sistema Nervoso Autonomo (detto anche Vegetativo o Viscerale) è una parte del Sistema Nervoso Centrale. Ha una funzione di regolazione e le sue fibre innervano tutti gli organi in periferia. Di questi fanno parte anche le varie parti del Sistema Gastrointestinale (stomaco, fegato, vie biliari, pancreas, intestino).
Se il Sistema Nervoso è sottoposto a uno stress prolungato, ne risentiranno anche i visceri, attraverso l’innervazione del Sistema Nervoso Autonomo. Non a caso chi subisce un evento difficile da sostenere psicologicamente, percepisce numerosi disagi gastrointestinali come reflusso gastroesofageo, difficoltà digestive, colite, alterazioni dell’alvo.

Il professionista della nutrizione deve tener presente questo fattore nel momento in cui avviene un inspiegabile peggioramento dei sintomi, nel corso di una dieta LOW FODMAP. Esaminando, insieme al paziente, gli eventi vissuti nei momenti precedenti l’acutizzarsi dei sintomi, spesso emergono situazioni stressanti.
In tal caso la persona sarà tranquillizzata ed esortata a lavorare anche sull’elemento “emozionale” del proprio disturbo.

Riferimenti

  1. PLOS ONE 2017. Low fermentable oligosaccharides, disaccharides, monosaccharides and polyols (FODMAP) diet improves symptoms in adults suffering from irritable bowel syndrome (IBS) compared to standard IBS diet: A meta-analysis of clinical studies.

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