Grassi saturi: sono tutti dannosi?

A partire dal “Seven Country Study” ad opera di Ancel Keys, il ricercatore che ha delineato i canoni della Dieta Mediterranea e ha studiato le sue azioni preventive sulla salute, è emersa l’associazione tra grassi saturi, ipercolesterolemia e predisposizione ad eventi cardiovascolari. In ragione di tali risultati, è fortemente sconsigliata una dieta troppo ricca in grassi animali contenuti in alimenti come carni, uova e formaggi.
A partire dalla fine degli anni ’90, però, sono emersi alcuni studi che hanno avuto un approccio più scettico alla questione, ridimensionando l’allarmismo nei confronti dei grassi saturi. In particolare, alcuni lavori hanno messo addirittura in luce una correlazione inversa tra consumo di tali nutrienti e infarto, direzionando l’attenzione maggiormente su grassi polinsaturi ed eccesso di carboidrati. Tali smentite, tuttavia, non convincono i sostenitori dell’”antica scuola” di Ancel Keys che continuano a ritenere una dieta sovrabbondante in grassi saturi estremamente pericolosa per la salute cardiovascolare.
Al di là delle conclusioni finali a cui arriveranno gli studi in questo campo, una tale diatriba non fa altro che confermare come una patologia sia multifattoriale e quindi non basti l’analisi di un solo nutriente per poter spiegare l’evoluzione di una condizione funesta come l’infarto.
Lo scopo di quest’articolo è, invece, fare un piccolo excursus sui grassi saturi descrivendo cosa sono, come si differenziano in base alla loro struttura e come varia, in relazione a quest’ultima, la loro azione sul nostro organismo.

Cos’è un grasso saturo?

Un acido grasso saturo (questo è il termine corretto dal punto di vista scientifico) è, in relazione alle sue proprietà chimico-fisiche un lipide cioè, un grasso. Per chi possiede qualche nozione basilare di chimica, esso risulta formato da una catena di atomi di carbonio uniti ad atomi di idrogeno e ossigeno. Un acido grasso si differenzia da un altro principalmente per due caratteristiche:

1. Il numero di atomi di carbonio presenti nella catena;
2. La presenza di doppi legami tra un carbonio e l’altro; infatti, la maggioranza di questi atomi e legata da un legame singolo ma, possono essere presenti uno o più doppi legami in base al tipo di acido grasso.
Detto questo, possiamo finalmente chiarire il significato di tanti nomi spesso letti su riviste divulgative: i grassi (acidi grassi) sono definiti saturi se sono assenti doppi legami tra i carboni, monoinsaturi se è presente un singolo doppio legame e polinsaturi se sono presenti da due a più doppi legami.

Esistono differenze nella famiglia dei grassi saturi?

In natura ritroviamo diversi tipi di grassi saturi che differiscono in base alla loro lunghezza, ovvero, al numero di carboni che li costituiscono. Possiamo dividerli in due grossi gruppi:

1. I grassi saturi a media catena, con un numero di carboni da 6 a 12;
2. I grassi saturi a lunga catena, con un numero di carboni da 8 a 20 o più.

I grassi maggiormente imputati di essere un potente fattore di rischio per le malattie cardiovascolari sono quelli a catena lunga.  I grassi saturi a media catena, in virtù delle loro più ridotte dimensioni, invece, presentano proprietà peculiari.  Innanzitutto, la loro digestione e il loro assorbimento è molto più rapido perché sono più facilmente miscibili con l’acqua (quindi con i succhi gastrici), sono più rapidamente attaccati dagli enzimi digestivi pancreatici ed una volta assorbiti dall’intestino giungono direttamente al fegato attraverso la vena porta. Per tale motivo una loro miscela, detta olio MCT, è utilizzata nella terapia nutrizionale di soggetti con problemi di digestione e malassorbimento come insufficienza pancreatica, intestino corto e malattie infiammatorie croniche dell’intestino.
Ciò che però è bene mettere in evidenza è che i grassi saturi a catena media non presentano i rischi che vengono associati ai loro “cugini” a lunga catena.
L’acido laurico (formato da una catena di 12 atomi di carbonio) è considerato un precursore di grassi omega-3, una classe di acidi grassi polinsaturi famosi per le innumerevoli proprietà salutari, in particolare a livello cardiovascolare.
L’acido butirrico (4 atomi di carbonio) sembra essere capace di interferire con le fasi precoci di crescita delle cellule cancerogene.
Anche l’acido miristico, però, benché non rientri formalmente nei grassi saturi a catena media (possiede 14 atomi di carbonio) sembra essere un attivatore del processo che converte un tipico omega-3, l’acido alfa-linolenico, in un analogo a lunghissima catena, l’acido decosaenoico.  Quest’ultimo è presente nei cosiddetti “oli di pesce” utilizzati per trattare in primis le ipertrigliceridemie.
Lo stesso acido stearico (18 atomi di carbonio), presente in fonti animali e facente parte a pieno titolo dei grassi saturi a catena lunga, sembra avere un effetto neutro sul colesterolo plasmatico quindi, non ci sarebbero prove concrete che lo associno alla formazione delle placche aterosclerotiche. Va tuttavia menzionato che sembra comunque favorire il processo di accumulo di grassi quindi, l’obesità.
Le ragioni di questa panoramica sui grassi saturi è finalizzata ad ampliare la conoscenza di questi interessantissimi nutrienti. Alimenti come il latte di cocco, che rappresenta un’elevata fonte di grassi saturi, non è considerato da evitare per la sua composizione perché presenta un consistente contenuto di acido laurico. Se vogliamo cercare una bevanda ipocalorica non lo preferiremmo ma, certamente non lo bandiremo perché contenente acidi grassi saturi.
In merito alla diatriba ancora aperta sulla pericolosità degli acidi grassi saturi a lunga catena, concludiamo ricordando che, al di là della tipologia, l’assunzione di elevate quantità di zuccheri unitamente ai grassi e l’accumulo di tessuto adiposo, in particolare a livello viscerale, sono, invece, chiari imputati nella genesi di malattie metaboliche e cardiovascolari.

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